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Elezioni Europee: Sfide e Prospettive

Tra poco più di tre mesi, esattamente tra il 23 e il 26 maggio, si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. Per la prima volta le nazioni coinvolte saranno 27 e non 28, perché il Regno Unito non parteciperà a causa dell’esito del voto al referendum consultivo del 23 giugno 2016, che ha sancito l’uscita di Gran Bretagna, Irlanda del Nord e Gibilterra dall’Unione Europea. Un Regno Unito che ha goduto in tutti questi anni dei benefici dell’UE in maniera passiva e senza esserne mai particolarmente entusiasta e ora non sa come uscire da tale integrazione anzi ne teme, a ragione, le conseguenze anche perché Scozia e Irlanda del Nord votarono a favore del remain e ora c’è il serio problema del rischio dell’isolamento commerciale e della salvaguardia del confine irlandese, non solo per spostamenti di persone e merci, ma pure per l’annosa e irrisolta questione politica dell’Ulster che potrebbe far precipitare l’Irlanda del Nord in un tragico e pericolosissimo ritorno al passato.

Se si vuol parlare e scrivere delle prossime elezioni bisogna però partire da una premessa fondamentale, il voto è sacro e i cittadini che si esprimono hanno sempre ragione, qualunque sia l’esito del voto. E quel che si prospetta dal risultato elettorale del prossimo maggio sarà un gran terremoto per la futura composizione del Parlamento Europeo e quindi per l’Europa tutta.

Le questioni aperte sono tante e tutte gravi, segno di una situazione ormai degradata in cui non si sono volute affrontare certe importanti urgenze come la politica estera e quella migratoria che attanaglia soprattutto i confini sud ed est del Vecchio Continente. Negli ultimi anni la Commissione Europea è apparsa molto sensibile ai temi economici e ai suoi vincoli di stampo neoliberista legati al debito e all’austerità, così come ai troppi lobbisti estremamente attivi a Bruxelles, ma è risultata assai meno sensibile nei confronti dei cittadini, principalmente quelli meno fortunati e più poveri. I problemi irrisolti sono molteplici e riguardano le divergenze tra nazioni che hanno la bilancia commerciale in attivo e quelle in passivo, tra Paesi creditori e debitori, tra chi è dentro e chi è fuori dalla zona euro e infine le tensioni mai sopite tra Ucraina e Russia, e quelle nei Paesi nord africani che si affacciano sul Mediterraneo e non solo.

Sulla base dei sondaggi Socialisti e Popolari assieme non supereranno il 45% e  potrebbero quindi allearsi coi liberali e i verdi, ma irromperà l’ondata euroscettica di stampo populista e nazionalista che ha contagiato tanti Paesi membri da est a ovest, con strane e ibride alleanze. Come quella che affascina tanto Matteo Salvini, sempre più legato ai Paesi del cosiddetto gruppo di Visegràd (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), nazioni che alzano muri e steccati, perché non desiderano accogliere alcun migrante e il nostro Ministro dell’Interno, che invece pretende un maggior coinvolgimento dell’UE nella redistribuzione dei flussi migratori, anche a costo di usare i profughi come arma di ricatto giocando sulla loro stessa pelle (vedi episodi della nave Diciotti e Sea Watch 3), si accinge inspiegabilmente ad allearsi proprio con tali personaggi che vogliono l’Italia ancora più isolata su tale questione.

Altro importante tema è l’avanzata dei partiti nazionalisti nei Paesi del Nord Europa, ma pure in Francia, in Austria, in Germania, in Olanda e in parte ultimamente anche in Spagna, che ha ancora in ballo la questione dell’indipendenza Catalana tutt’altro che risolta, senza contare il recente fenomeno transalpino dei Gilet Gialli, una sorta di ondata di stampo populista che guarda in gran parte delle sue componenti anch’essa pericolosamente a destra (pare che presenteranno ben 3 liste alle Europee).

Insomma l’esito delle prossime elezioni primaverili fa prevedere un’Unione Europea non solo senza il Regno Unito, ma con un Parlamento e quindi una Commissione Europea euro scettica. Un po’ quel che sta accadendo in Italia ove la Lega di Salvini rappresenta una destra tutt’altro che moderna, pericolosamente slegata dalle istituzioni repubblicane, che si nutre di livore e odio e cresce nei sondaggi, superando il Movimento Cinque Stelle che pare confuso, indeciso sul da farsi e su quale strada percorrere e una sinistra ormai quasi sparita e divisa in svariate fazioni sempre in lotta tra loro.

Al momento i leader europei appaiono con poche idee, insicuri e con una visione limitata al brevissimo tempo (per esempio incapaci di una presa di posizione comune nella recente crisi Venezuelana). Le certezze vengono meno e fa un certo effetto ascoltare Jean Claude Juncker, attuale Presidente della Commissione Europea, che fa mea culpa in merito alle ricette economiche imposte nel passato alla Grecia da parte della Troika (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale). Politiche economiche di puro stampo neoliberista, all’insegna dell’austerità e del controllo sul debito pubblico, che hanno strozzato il Paese del Peloponneso a vantaggio solo dei suoi conti di bilancio, ma facendo innumerevoli danni collaterali che hanno avuto come prime vittime i più poveri e il ceto intermedio.

Manca quindi in questa Europa una visione d’insieme che solo una vera e duratura unione politica potrebbe avere, ma che al momento appare veramente difficile da realizzare. Insomma l’Europa non è solo una moneta unica e uno spazio politico profondamente integrato, ma la sua storia, il suo ruolo passato di culla della civiltà e della cultura avrebbe assoluto bisogno di leader che propongano una serie di riforme condivise, così che ci si possa dirigere verso un futuro dell’UE all’insegna dell’uguaglianza, della giustizia sociale, di sistemi nazionali di welfare-state integrati tra loro al fine di offrire a tutti i cittadini e non solo ad alcuni privilegiati, i vantaggi di un’economia rigogliosa e una protezione dalle conseguenze negative della globalizzazione, anche grazie a strumenti efficaci di partecipazione che non siano solo legati al voto, ma siano qualcosa in più. Perché tutti i cittadini europei meritano un’Europa che non sia solo controllo dei vincoli di bilancio, crescita, competizione economica e commerciale, ma soprattutto occupazione, cultura, solidarietà e sentirsi parte di un’ottica comune, oserei dire quasi di uno stesso Stato, così come la vendono e la sentono la stragrande maggioranza dei nostri giovani, cresciuti in un continente con la stessa moneta, ma soprattutto senza confini.

 

 

©2019  Pierstefano  Durantini

 

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