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Troppo spesso gli organi di informazione tendono a dare rilievo a episodi di mala sanità che colpiscono la nostra regione, questo non rende giustizia alla realtà delle cose, perché quasi sempre ciò che funziona, e pure bene, non ha il meritato risalto. Allora è giusto evidenziare strutture ospedaliere di eccellenza. A tal fine ecco la storia di uno dei 366 trapianti avvenuti lo scorso anno nel Lazio. Nello specifico si tratta di un trapianto midollare su un bambino di 10 anni (che chiameremo Stefano ndr). I genitori sono una coppia quarantenne di Roma e hanno anche un’altra figlia più piccola.
Qual è malattia da cui è affetto vostro figlio?
La sua è una malattia congenita rara che scoprimmo quando aveva solo quattro mesi, si tratta dell’anemia di Blackfan-Diamond (DBA), un’anemia cronica ipoplastica, che colpisce i bambini per lo più durante il primo anno di vita. Si tratta di una rara insufficienza midollare che comporta una totale assenza di globuli rossi. In Italia l’incidenza della DBA è di circa 6,5 casi l’anno per milione di nati.
È una malattia curabile e guaribile?
Da quando gli è stata diagnosticata la sindrome è stato in cura presso il reparto di Ematologia dell’Ospedale San Camillo, le cure consistono in continue trasfusioni di sangue, in media ogni 10 giorni. Egli ha fatto pure trattamenti col cortisone, con vari effetti collaterali, inoltre è necessario combattere l’accumulo del ferro che è tossico e dovuto alle tante trasfusioni. Per circa 10 anni nostro figlio è stato curato così, poi un anno fa ci hanno avvisato che c’era la possibilità di un trapianto di midollo grazie a un donatore compatibile dall’estero e questo ci ha dato una speranza di guarigione.
È stata una scelta difficile?
Si perché è una scelta irreversibile, da cui non si può tornare indietro. È stato operato presso il reparto di Onco-ematologia del Bambino Gesù di Roma. Sono stati due mesi durissimi, perché dopo il trapianto Stefano è stato molto male, ha rischiato a causa di una infezione importate e ancora adesso che sta meglio ha una vertebra compromessa, ma lentamente si sta riprendendo. Il protocollo e la relativa profilassi dura un anno, solo allora potremo dire di avercela fatta, comunque ora sta molto meglio.
Considerazioni finali positive e negative?
Possiamo dire che i dieci anni di day hospital al San Camillo sono stati difficili, ma alleviati da una profonda umanità di tutti gli operatori, infatti Stefano andava sereno in ospedale, si sentiva accolto. Al Bambin Gesù le cose sono state più complesse, vista la delicatezza dell’intervento, la struttura ci è apparsa sottodimensionata rispetto alla grossa mole dell’utenza e quindi la difficile organizzazione comporta il rischio di sottovalutare particolari importanti.
© 2015 Pierstefano Durantini
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