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Ecco un episodio che fotografa in maniera impietosa e triste il livello del senso civico cui è regredita la società italiana.
È un primo pomeriggio di metà ottobre, salgo sul treno Roma – Bracciano e li incontro Marco, un amico carissimo che conosco da oltre trent’anni. Quell’ora scarsa di viaggio scorre veloce tra una chiacchiera e l’altra, arriviamo alla stazione di Bracciano che sono circa le 15.35. Il treno è quasi vuoto, perché li termina la sua corsa. Ci alziamo e stiamo per scendere, quando la nostra attenzione viene attirata da un paio di buste di carta ben riposte su una cappelliera. Ci guardiamo indecisi sul da farsi, il vagone si è ormai svuotato e Marco, che fa il poliziotto a Roma, decide di prenderle per consegnarle al capostazione, del resto c’è un ufficio oggetti smarriti e lasciarle li ci sembra un gesto egoista e poco attento nei confronti di chi le ha dimenticate. Le buste sono di una certa dimensione e sono semichiuse con alcune spille metalliche, ma all’interno si percepisce che ci sono degli abiti, probabilmente appena acquistati in qualche negozio della capitale.
Marco afferra le due buste e insieme scendiamo dal treno dirigendoci verso gli uffici della stazione, camminiamo lentamente lungo la banchina del binario 3, affollata di persone appena giunte a destinazione come noi o che stanno attendendo altri treni.
Dopo aver percorso poco più di 20-30 metri, come una furia alle nostre spalle, si materializza una signora di circa 55/60 anni, è ben vestita e distinta, strappa di mano le buste al mio amico e urlando come un’isterica gli dice: « …queste sono mie dove te ne vai?». Marco le spiega che avendole trovate sul treno le sta portando al capostazione, ma la signora visibilmente alterata e nervosa ribatte: «…se vabbè!» e girandosi si allontana velocemente. Marco allora, con gli sguardi addosso dei non pochi presenti che hanno assistito alla scena e che erroneamente lo hanno preso per un ladro, segue la signora e si qualifica chiedendo spiegazioni. La donna è ormai così agitata che prova ad abbozzare scuse del tipo: «….poteva aspettare prima di prenderle no? Che fa se le porta via?», egli le spiega che il vagone era vuoto da un pezzo, che ha atteso un po’ e solo allora, visto che non c’era alcuno cui chiedere, ha deciso di prenderle e che forse meritava, invece di quell’assalto, semplicemente un grazie. Solo a quel punto si avvicina un uomo, presumibilmente il marito della signora e mettendo una mano sulla spalla del mio amico gli dice: «…ci scusi, è capitato in passato che ci hanno rubato bagagli sul treno, la ringrazio io.».
Facciamo notare che erano stati loro a dimenticarsi quelle buste sul treno, senza tornare subito a prenderle e ce ne andiamo facendo qualche riflessione in merito. E se Marco non fosse stato un poliziotto, ma un semplice pendolare? E se invece fosse stato uno straniero, magari un immigrato che non padroneggiava bene la nostra lingua? Ma soprattutto, visto che non si era allontanato di corsa, perché trattarlo da ladro? Siamo ormai così poco fiduciosi verso gli altri, che non riusciamo più a riconoscere un gesto civile scambiandolo addirittura per un furto? O forse la nostra coscienza è ormai così sporca e maliziosa? Che tristezza!
Inoltre ritengo che Marco è stato pure troppo cortese e ingenuo verso quella donna, avrebbe potuto infatti esercitare il suo ruolo di agente, chiedendo una prova del fatto che quelle buste erano proprio della signora, tipo lo scontrino o una descrizione dettagliata di quel che contenevano, magari facendosi accompagnare in ufficio e facendole perdere un po’ di tempo.

©2011 Pierstefano Durantini

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